Esordio per Ame Noire: la filosofia si tramuta in musica

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Per essere un album d’esordio, “Lo Specchio” è tutto fuorché immaturo. Saranno stati i quasi 12 mesi impiegati per scrivere i brani, sarà stata la predisposizione alla filosofia ed alla riflessione esistenzialista dei componenti della band l’Ame Noire, fatto sta che questo disco, con una forte impronta rock ma decisamente malinconico, appare profondo e maturo.

Lo stile è totalmente diverso ma la complessità dei testi e la dimensione a tratti spiritualista degli stessi può far azzardare un parallelo tra l’Ame Noire e Franco Battiato anche se la musicalità è decisamente pendente verso lo stile Afterhours.

Il disco tocca diversi temi ma c’è una corrente che lo attraversa trasversalmente, l’esistenzialismo. Chi siamo noi? Qual è il senso della vita? Quando una vita si può considerare pienamente vissuta? Non sempre nei pezzi si trovano le risposte ma di certo, ascoltandoli, ci si pongono delle domande. La musicalità, come detto, è rock, a volte sfiora il punk per poi tornare sulla ballata ma tenere questo disco in sottofondo equivale a svilirlo. I testi vanno assaporati, meglio se due o più volte.
Ogni pezzo è degno di essere ascoltato ma se proprio si volesse stilare una classifica dei brani, sono tre quelli che proprio vale la pena di non perdersi.

Il primo è il pezzo che dà il nome all’album: “Lo Specchio”. L’inizio basso-batteria riporta agli albori del rock ma poi arriveranno i violini in un mix di generi perfettamente riuscito. Anche qui il testo è profondo, un pezzo di filosofia tradotto in musica. Lo specchio di cui parla la canzone non è reale, è lo specchio dell’anima. In una vita vacua, senza senso, è giunta l’ora di trovare la verità, di squarciare il velo di maya, di capire il senso di tutto, di allontanarsi da una “tristezza che ci avvolge come miele”.

Ben riuscito è anche il brano figlio della collaborazione con “Canone inverso” che ha dato vita ad “Atomizzazione”. Le due voci si sposano alla perfezione e raccontano di un disperato bisogno di tornare alla semplicità, alla propria natura: “prevedo passaggi di stato tra mutazioni e l’essere”. Una ricerca da compiere, per uscire dalla polvere che ci avvolge ma allo stesso tempo una ricerca che paradossalmente si rimanda sempre perché “quando muore il sole muore anche l’ossessione di vivere”.

Un altro pezzo che colpisce è “Plastica”. Un brano duro e crudo che parla di chi sfugge ad una vita in cui non si comunica, in cui non ci si guarda più negli occhi, in cui nulla sembra essere interessante, assumendo plastica, cioè un elemento artificiale, che solo per un attimo fa dimenticare tutto quello che si ha attorno, pronto a riapparire ancora più doloro ed opprimibile, se possibile, quando l’effetto dello sballo passa. Il riferimento alle droghe appare chiaro ed anche la critica ad uno sballo cercato per risolvere i problemi che non possono però essere risolti aggirando l’ostacolo ma al più affrontandolo.