Intervista esclusiva alla poliedrica Nancy Fazzini

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Nancy Fazzini viene da Teramo, suona il pianoforte da quando era bambina. Ha calcato il primo palco teatrale a nove anni… e da quel momeno tutta la sua vita è cambiata. Ha lavorato nel musical, girato film come Dalidà, Voglia di ricominciare, Summer campus e, da poco, ha iniziato a comporre anche brani musico-teatrali. Quasi tutti gli eventi e gli spettacoli che ha scritto sono nati e si sono espressi nella solidarietà.

Parlaci un po’ di te: che genere suoni e canti, quali temi solitamente tratti nei tuoi testi?
Suono un melodico acustico, abbastanza particolare. Il canto si fonde con il teatro e la musica diventa parte di un racconto, quasi un reading cantato. Il tema è il corpo, i suoi vizi, le sue delusioni, le sue malattie. I temi sono sempre molto forti come in ”filo di perle, diario di una malattia” o ne ”a mia cantina la’ sotto” il racconto di donne che scoprono la loro femminilità e con essa anche la violenza che alle volte nel mondo di oggi ne consegue.

Quando e come è cominciato il tuo percorso nel mondo della musica?
Percorso e passione, passione, curiosità. Quand’ero piccina ero molto timida, ma molto eclettica: dipingevo, cantavo, creavo mini performance per gli adulti, comunicavo con gli altri forse non in maniera “convenzionale”, perciò probabilmente per tutti questi motivi i miei mi proposero il Teatro. Giorno dopo giorno questa parola divenne sempre più presente e iniziò ad integrarsi nella mia vita. Per qualche tempo poi, anche per avere la possibilità di muovermi con le mie forze, mi dedicai esclusivamente al canto, avevo un bel timbro, non avevo studiato certo ma, per ciò che richiedeva ” la piazza” andavo benissimo, e il teatro restò per anni incastrato, nelle notti, in quelle collane di libri usati e dalle mille edizioni che amavo leggere e collezionare. Il tutto rimase nell’immobilità finché non si presentò l’opportunità di una parte in un musical ” aggiungi un posto a tavola”.. chi altro se non Consolazione!! Tornare sul palco di un teatro e respirare ancora la sua magnificenza mi rinvigorii… allora ero una studentessa di biotecnologie farmaceutiche, in chiusura di percorso.. dopo pochi mesi entrai in accademia, mi trasferii a Roma, in povertà ovviamente, ma nel pieno delle energie… e da lì il sogno nella scoperta di me stessa ha avuto inizio. Oggi guardandomi indietro mi rendo conto di quanto i miei occhi siano più aperti, di quanto sia meno reale e più vero oggi il mio percorso conoscenza. Oggi mi trovo a guardare e a superare limiti, retaggio della società e degli studi. Questi nuovi occhi mi hanno fatto vedere il teatro sotto una nuova forma comunicativa, un luogo dove l’uomo, senza schema alcuno, senza limite, si fa portatore e voce degli altri uomini per uno scopo comune, per l’arte del vivere, come diceva Brecht. Il teatro, inteso come calderone delle arti, per me è risultato di un atto vivo anche quando sei solo in sala e respiri e sublimi in quel maestoso silenzio. Il teatro è un modo di amare, è un modo di vivere il mondo e il prossimo, il teatro non è mai stato solo per il teatro, per quel momento, per quell’ora, per quella sera o io almeno non l’ho mai visto così. Io nel teatro leggo la società vedo la quotidianità di tutti e solo di alcuni, vedo la violenza su una donna, vedo gli occhi di un ragazzo vittima di bullismo, vedo la morte che divora il corpo e la stasi di tutti coloro che intorno a quel capezzale attendono il verificarsi d’un destino scritto.. poi vedo lo spettatore, si, perché il teatro si fa in due… e vedo il dolore mutare in consapevolezza e vedo la gente, con la penna in mano, che riscrive e corregge con la conoscenza quel foglio di vita che appariva già stilato. Da tutto questo nasce, per me almeno, il Teatro Sociale, che vuole raccontare, che crea connessioni con enti impegnati sul territorio per citarne alcuni la fenice, la lilt, associazione Federica e serena, la croce bianca .. tutto questo è, rappresenta, ciò che mi piace chiamare “RETE” che …com’e’ tela di un ragno intreccia le sue strade e collega rami che sembrano troppo lontani per un così piccolo essere … e si crea la meraviglia, la condivisione, il collegamento, l’opportunità. Tanti sono gli enti e le associazioni che cooperano con il sociale, tante sono le donne, gli uomini impegnati a rinvigorire una promessa nata ancor prima di noi, quella del diritto alla vita. Ecco questa è la passione, la curiosità, la necessità, mi ha detto qualcuno, che muove il mio estro, che mi tiene sveglia la notte che mi regala emozione… E in questo percorso ho riscoperto l’amore per la scrittura, per la scrittura di copioni e di musiche, oggi che il muro del giudizio che fermava la mia mano è crollato, scrivo, scrivo per me e per gli altri. Scrivo perché forse sono incapace di parlare, perché vorrei che dalla la solitudine che impregna la mia vita nel dolore possa nascere la possibilità, dall’oppressione, la speranza. È proprio da questo, dalla malattia di Simona, un pezzo del mio cuore, dalla sua morte, che nasce filo di perle. Preveniamo il cancro al seno! Questo è il messaggio, in affiancamento ad una realtà come la lilt che a soli 15 euro l’anno, permette di fare mammografie, esami .. e noi vogliamo raccogliere fondi proprio per questo è vogliamo dire alla gente che ci sono realtà a cui possono appoggiarsi. Io non so ancora come, con quale ruolo preciso, ma io so che “voglio il e nel teatro”.”

Che cosa significa per te essere un Musicista Emergente? Quali sono i lati positivi e quali i negativi?
Un musicista emergente, sopratutto se fa musica ”non pop” diciamo acustica di nicchia ha molte difficoltà ad emergere e fatica alle volte anche lui stesso a considerare la musica il suo lavoro.. si passa da notti insonni ed emotività aperte a giornate in cui tenti di fare di tutto per poter ”vivere della e nella tua passione”, del tuo bisogno. Noi abbiamo la fortuna di essere pagati per fare ciò che ci piace e purtroppo non è da tutti combaciare lavoro e passione. E’ una bella professione, sei sempre carico di adrenalina e pieno di idee, non vedi l’ora di iniziare a suonare.. tutto è sempre in movimento, persone note, idee.. è come vivere in un mondo parallelo, dove il tempo perde il valore canonico e non ci sono giornate troppo lunghe e non ci sono tempi troppo corti.. tutto è ovattato e piacevolmente melanconico. Per intraprendere questa strada devi essere pronto a fare molte rinunce, devi studiare da piccolo e suonare e perfezionarti da grande senza smettere di crescere artisticamente. Devi imparare a vivere di notte oltre che di giorno, a viaggiare molto, ad allontanarti dagli affetti.. non è facile, ma è una necessità così forte e appagante che non puo’ essere colmata altrimenti.

Qual è il ricordo più bello legato alla tua carriera?
Una canzone, Almeno tu nell’universo. Stavo facendo serata in un albergo e il mio fidanzato d’allora pianse, riuscì a sentire la mia emozione.

Che rapporto hai con i social network? E secondo te che rapporto c’è tra i social e la musica, oggi?
La musica oggi è liquida, alle volte davvero troppo. Devo dire che i social fanno però la fortuna degli emergenti.. permettono la presa di contatti di lavoro etichette, editori.. permettono di avere una piccola vetrina, uno spaccato della vita di chi vive di arte.. chi vuole fare questo ” mestiere” lo fa per comunicare ed è allora che, a mio avviso almeno, il social diventa positivo.

Che progetti hai per il futuro?
Respiro, il mio primo disco. Molto importante per me, perché per la prima volta ho utilizzato la musica per raccontare la mia storia, l’ultimo anno della mia vita che mi ha segnato e mi ha cambiato. “Respiro” è un album semplice, piano e voce.. è semplice perché respirare dovrebbe essere espressione naturale d’ogni nostro gesto e invece il nostro respiro cambia, si rompe, alle volte sembra mancarci l’aria, quindi diciamo che quest’album vuole essere un viaggio che disseppellisce sempre qualcosa, qualcosa di molto fragile che non si può raccontare ed è affiancato ad un progetto “prevenzione cancro al seno’’ di Luca Gianfelice. In particolare questo progetto tratta dell’ “overbooking’’, cioè della difficoltà di poter rientrare per l’ “overbooking” appunto, all’interno di percorsi di prevenzione secondaria basati su controlli preventivi ciclici e screening specifici allo scopo di arrivare a una diagnosi precoce della lesione tumorale, per permettere un trattamento tempestivo che nella gran parte dei casi può portare ad una guarigione completa con ovvia riduzione della mortalità.
Per la veicolazione di questo ‘’progetto condiviso’’ -Respiro, ho inteso l’utilizzo di una piattaforma di “crowdfunding” perché è uno spazio che rappresenta luogo di condivisione, crescita e sperimentazione. Credo che noi artisti abbiamo bisogno di altre realtà, non solo prettamente teatrali, ma culturalmente attive, desiderose di contribuire a disegnare un sistema culturale che sia espressione di libertà, scambio e contaminazione, perciò credo che questa piattaforma voglia portare la voce di tutti quelli che sentono il bisogno, come me, di trasformare l’attuale modus operandi che sacrifica la cultura e l’arte riducendola a puro commercio senza considerare le particolari caratteristiche e necessità del processo creativo che spesso e volentieri ha tempi di maturazione non conciliabili con le tempistiche e le logiche burocratiche imperanti.

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