La band “Le cause Perse” si racconta in un’intervista a Musicisti Emergenti. Scopriamo chi sono i creatori di “Istrice”.
Parlateci un po’ di come siete nati…
Le Cause Perse nascono nel lontano 2010 da un’idea di Yuri ed Enrico. Come però spesso accade tutto è nato per caso. Da un semplice “Ci troviamo una sera a suonare qualcosa insieme?” siamo finiti con il fondare una band, per provare a creare qualcosa di nostro. Le prime canzoni difatti sono arrivate sin da subito. Era tutto molto diverso rispetto a quando si suonavano delle cover. Ma anche più stimolante. Lì noi abbiamo trovato sin da subito una nostra dimensione.
Negli ultimi anni c’è stato anche un importante cambio di formazione. Alla batteria ora abbiamo Francesco e già che c’eravamo abbiamo trovato anche un bassista. Si è aggiunto quindi alla nuova formazione Eugenio. Ed eccoci qui, a come ci conoscete ora.
A cosa dobbiamo il nome del gruppo?
Cercavamo un nome insolito e che potesse incuriosire e a quanto pare sembra che ci siamo
riusciti. In fin dei conti “ Le Cause Perse” non è altro che una provocazione, verso noi stessi però.
Come inizia il processo creativo? E come sviluppate i vostri brani?
Le canzoni solitamente nascono prima nella mente di Yuri, il cantante della band: arrivano sotto forma di pensieri, a volte in maniera del tutto casuale e caotica. Un giro di chitarra ed un paio di “buone idee” scritte su di un foglio di carta che poi piano piano cominciano a prendere forma, soprattutto quando si inizia a lavorarci tutti quanti assieme, chiusi dentro la nostra sala prove. Lì lavoriamo e sperimentiamo, “giocando” con la musica. Si parte da un’idea e poi tutti assieme si cerca di costruirci attorno qualcosa, aggiungendo suoni e parole.
La più brutta esperienza che avete fatto sul palco?
A parte la disorganizzazione di alcuni eventi a cui abbiamo partecipato in questi anni di musica live, non ci viene in mente nulla di particolare. Alla fine pensiamo di essere sempre riusciti a divertirci suonando di fronte alle persone, cercando allo stesso tempo di trarne il meglio da ogni esperienza.
Di cosa parlano i vostri testi?
A volte non lo sappiamo nemmeno noi… Scherzi a parte, cerchiamo di scrivere un po’ quello che ci viene. Parliamo ovviamente d’amore, in tutte le sue sfumature, di emozioni, sensazioni, paure. Lo facciamo creando storie, che poi diventano parte attiva delle nostre canzoni. I nostri testi sono il frutto dei pensieri che abbiamo, della nostra visione del mondo che ci circonda. Talvolta sono anche analisi di un momento particolare. Lo sfogo di quello che sentiamo. E altre cose…
Un gruppo a cui vi sentite molto vicini?
Se ci chiedete solamente un gruppo ci risulta difficile rispondere a questa domanda. Sin dagli inizi cerchiamo e troviamo ispirazione in artisti che personalmente amiamo definire “eterni” come De Andrè, Battisti, Rino Gaetano e molti altri.
Negli anni abbiamo imparato ad amare anche gruppi come AfterHours e Marlene Kuntz.
Da qui infatti nasce la voglia di distaccarsi un po’ dal cantautorato classico, perlomeno musicalmente, cercando infatti di abbracciare un genere un po’ più ampio, dando alle nostre nuove canzoni quel tocco rock in più, riprendendo anche quelle sonorità tipiche di gruppi anni 90 (come Litfiba e Timoria), mischiandole a sonorità internazionali (il batterista è un fan dei Rammstein :-D).
Come definite il vostro genere musicale? Perché avete scelto questo genere anziché un altro?
Come già detto in precedenza, dall’inizio abbiamo sempre cercato di fare quello che ci veniva. Siamo il risultato della musica che amiamo ascoltare. Per quanto ci riguarda noi cerchiamo di fare rock. Anche se abbiamo sempre amato subire l’influenza di altri generi. Cantiamo in italiano. Siamo questo.
Come avete passato la quarantena?
Come tutti, ma con dei progetti da portare avanti. In quel periodo abbiamo continuato la
produzione del nostro nuovo album “La Fine Del Mondo Reale”. Avvalendoci di strumenti come Skype di tanto in tanto ci sentivamo e cercavamo di proseguire con il lavoro, magari curando le grafiche o cose di questo genere. In tempi come questi dobbiamo ringraziare la tecnologia che ci permette di essere vicini anche se siamo lontani, dandoci la possibilità di lavorare a distanza e scambiarci opinioni in tempo reale.
Come vedete il panorama musicale nel futuro post Covid?
E’ sicuramente una situazione difficile per chiunque. Per i musicisti forse lo è ancora di più.
Cerchiamo però di non essere troppo pessimisti e speriamo insieme in un futuro migliore, potendo ritornare a suonare insieme come si faceva prima. Non ci resta che avere pazienza e vedere come andranno avanti le cose.
Quando è stata scritta “Istrice”? A che periodo è legata? Qual è la storia dietro questa canzone?
“Istrice” è stata una delle prime canzoni scritte e pensate per il nuovo album. Oramai sono passati degli anni, ma ricordiamo di averla scritta in un momento di forte crisi, di rabbia. Istrice è uno sfogo di quel periodo. Quello che ne è uscito è un inno all’odio ingiustificato. Non c’è speranza nelle parole del testo, c’è solo tanta rabbia e il forte desiderio di urlarla in faccia a qualcuno, senza badare troppo ai modi e senza pensare che forse, anche i momenti più bui, se affrontati con la dovuta calma e la giusta razionalità possono insegnare qualcosa.
Come altre nostre canzoni anche questo brano inizialmente era nato per essere accompagnato con la sola chitarra acustica, ma poi abbiamo subito sentito il bisogno di comunicare la stessa energia presente nel testo anche attraverso gli altri strumenti. E in questo la band ha fatto molto.
Progetti per il futuro?
A breve pensavamo di pubblicare un nuovo singolo e nei prossimi mesi uscire finalmente con il nuovo album “La Fine Del Mondo Reale”. Sono anni che ci lavoriamo ed oramai dovremmo esserci.
La nostra piattaforma si chiama Musicisti Emergenti. Cosa consigliereste ai musicisti emergenti?
Di seguire sempre la propria passione e i propri sogni, un po’ come stiamo facendo anche noi in fondo. Abbiate sete di raccontare di voi, di quello che sentite dentro e divertitevi nel farlo attraverso la musica.
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