Fabio Zona e i Supernova | Intervista alla band romana

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Intervista completa a Fabio Zona e i Supernova, band romana dal sound originale e particolarmente accattivante, attiva da diversi anni.

Oggi chiudiamo le interviste di questa settimana con la band romana Supernova. Nati nell’ormai lontano 1997, i Supernova hanno un lungo percorso musicale alle spalle, ma anche una storia fatta di cambiamenti, lunghe pause e sorprendenti ritorni. Punto di riferimento della band è il chitarrista e cantante Fabio Zona, fondatore e guida di quello che oggi è un estroso e divertente quartetto che ama sperimentare e fondere i sound più diversi e unire sapientemente i diversi background musicali di ognuno. Sarà proprio Fabio a parlare con noi per dirci di più sulla storia della band e sui loro progetti più importanti.

 

Fabio Zona

 

  • Fabio, parlaci un po’ dei Supernova. Come sono nati e chi sono i componenti?
    Siamo un atipico quartetto, suoniamo quello che definirei un “rock artigianale”. Il gruppo è nato quasi vent’anni fa e, nonostante alcune pause e alcuni cambiamenti di organico, la spina dorsale è rimasta sempre la stessa. Io, Fabio Zona, voce e chitarra, Biagio Biondi al basso e Secondo Flex alla batteria.
    Il quarto elemento del gruppo, oggi è Elisa Roncone, talentuosa corista.
    La nostra è una storia di amicizia e di incontro di diversità, a partire dalla variegata età, fino ad arrivare alla diversa estrazione musicale di ogni componente del gruppo. Siamo un incontro di stili musicali diversi, che lottano tutti sotto una stessa bandiera, quella della forma canzone. Ho la fortuna di avere questi splendidi musicisti che portano la loro esperienza ed il loro colore al servizio delle mie canzoni, che sono rigorosamente in italiano, perché i testi per me sono molto importanti, nonostante nella musicalità, di italiano forse non ce n’è molto.
  • C’è un significato particolare nel vostro nome?
    Il nome Supernova nacque perché il nostro incontro sembrava una scintilla, un’esplosione destinata a fare molta luce e durare poco. Abbiamo acceso la candela dai due lati, ma evidentemente la cera era stata fatta da mani sapienti e non accenna a consumarsi.
  • A quali artisti e correnti vi ispirate per la vostra musica?
    Io vengo dalla tradizione della musica popolare americana ed inglese. Sono cresciuto a pane e Bruce Springsteen, i miei padrini spirituali sono Tom Waits e Keith Richards. Il rock’n’roll di Elvis ed il blues studiato da Alan Lomax, mischiati al folk di Woody Guthrie ed alla musica nera della Motown hanno formato il mio percorso musicale. Biagio Biondi e Secondo Flex, invece, vengono dalla fusion mediterranea e dalla musica popolare riadattata in forme visionarie. Elisa Roncone viene dalla lirica e dal Rhythm & Blues delle girls band del periodo Phil Spector.
    L’insieme di questi elementi, che rischia di essere un calderone, si risolve però con l’istinto e con la semplicità, doti che cerchiamo di tenere sempre in gran riserva nelle tasche.
  • Parlaci degli ultimi lavori della band.
    Abbiamo autoprodotto un EP che si chiama Come l’alcool nel 2009, che contiene cinque pezzi che sono all’incirca dei live in studio. Lo scorso anno abbiamo dato vita al nostro primo album completo, Mister open all night, registrato alla Totosound di Roma, un posto in cui ci siamo sentiti a casa. Si tratta di undici brani, ognuno con la sua peculiarità, ognuno in qualche modo diverso dall’altro, raccontando però lo stesso viaggio dalla A alla Z, mantenendo il treno sugli stessi binari.

 

 

  • Di cosa parlano le vostre canzoni?
    Le canzoni sono come le ortiche: nascono dove qualcosa viene lasciato incolto, spesso a livello emotivo. Cerco di scrivere i miei testi osservando, innanzitutto, e poi scavando dentro quello che non si riesce a dire senza una chitarra che accompagni le parole. Non so se esiste un filo conduttore nelle mie canzoni, spero che passando in rassegna le debolezze umane, l’incoerenza, le dipendenze, le indecisioni che ti tengono in bilico, prevalga alla fine il sogno di un riscatto, di una rivincita. Qualcosa per cui valga la pena danzare sulla propria tomba.
  • Siete completamente indipendenti o siete riusciti a trovare il sostegno di un’etichetta?
    L’autoproduzione è costosa, faticosa, ma immensamente importante se si vuole esprimere tutto quello che si sente dentro. Non disdegneremmo un’etichetta che si prendesse cura di noi, ma sappiamo come fare musica lo stesso.
  • C’è già qualcosa di nuovo in progetto dopo Mister Open All Night?
    Stiamo lavorando al nuovo album, abbiamo già la metà dei pezzi pronti e li stiamo iniziando a suonare dal vivo in questi giorni. Non vediamo l’ora! Il nostro auspicio è sempre lo stesso, scrivere belle canzoni, trovare delle belle armonie e trovare degli strani vestiti con cui addobbarle e che rendano al meglio possibile le parole che canto.
  • Credi sia difficile emergere nel nostro Paese?
    Quante volte ti hanno risposto di sì a questa domanda?.. Aggiungine uno in più. La musica, ma più in generale, la cultura, in Italia è sempre guardata di traverso, vista come uno scomodo fardello da sopportare, il parente che devi invitare per forza alla cena di Natale. Troppo spesso bisogna far parte di piccole lobby, anche solo per suonare in piccoli locali che non solo non rischiano di proporre nulla di nuovo, ma che lasciano tutto nelle mani dei soliti noti per un misero ritorno sicuro. Dispiace constatare sempre più che per suonare in giro, bisogna essere più una piccola azienda di marketing che un gruppo rock. In più mettici il netto dominio delle cover band, o peggio delle Tribute band. Crediamo comunque sempre nel concetto che è meglio essere dei discreti compositori che degli ottimi esecutori e sappiamo che la cultura alla fine vince sempre, non può essere fermata neanche con le cannonate. In qualche modo sguscia come l’acqua nelle crepe di una diga che prima o poi crollerà.
  • Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate fino ad oggi?
    Quello che ogni gruppo ti dirà. Locali che ti danno una serata solo se gli dici quanta gente gli porti. Locali che ti danno un concerto e poi ti fanno montare il palco da soli e poi magari a fine serata neanche vorrebbero pagarti. Ad ogni modo, abbiamo tanta esperienza alle spalle e siamo sopravvissuti. Sarebbe solo bello se a volte potesse semplicemente essere tutto un po’ più facile.
  • Con quali artisti sognate di condividere il palco, un giorno?
    Se devo dirti un nome italiano, ti faccio il nome dei Gang, forse l’unica vera rock band mai esistita in Italia. In un altro contesto, insieme ad altri amici, avevo organizzato un loro concerto molti anni fa a Roma, ma non abbiamo avuto la possibilità di suonare insieme perché fondamentalmente ero un pischello…
    Se parliamo di sogni, poi, la risposta è facile. Little Steven alla chitarra e cori, Bruce Springsteen e Southside Johnny ai cori, Tom Waits incudine, martello e qualunque suono voglia emettere e Booker T Jones all’organo Hammond. Saremmo una band perfetta così.
  • Raccontaci un bell’aneddoto legato alla carriera con i Supernova.
    Ne ho molti. Ultimamente sono legati soprattutto a dei piccoli tour in Veneto che stiamo facendo, tra interminabili viaggi in macchina ed ovvie diversità di indole tra autoctoni e romani.
    Ti racconto però un paio di episodi in particolare degli anni passati. Una volta abbiamo suonato in un festival organizzato in una palestra di pugilato. Il palco era il ring. Suonare gli assoli tra le corde e sentirsi un po’ Muhammad Ali, non ha davvero prezzo.
    L’altro è quando, a nostra insaputa, ci siamo trovati a suonare ad una serata organizzata da un assessore romano che non ci sta particolarmente simpatico, con un pubblico di sedicenti vip o come vuoi chiamarli. A metà serata, ci interrompono il concerto ed inizia a parlare questo assessore che aveva evidentemente organizzato la serata per qualche tornaconto personale. Resici conto di dove eravamo capitati, abbiamo riattaccato con la nostra canzone Quando guardi i ricchi e ce ne siamo andati. Il migliore è stato Biagio, il bassista, che strumenti in mano, si faceva strada a colpi di basso tra la folla dei vip che prendevano i loro cocktails senza ascoltare nemmeno un pezzo, spaventandoli con sguardi cagneschi e dicendo loro frasi che non posso ora ripeterti qui.

 

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Sarebbe stato divertente sapere le “frasi di Biagio” rivolte ai vip, ma ci limiteremo a immaginarle. Ringraziamo Fabio per averci concesso questa intervista e invitiamo i nostri lettori a continuare a seguire i Supernova tramite la loro pagina Facebook e il loro canale Youtube. Se siete rimasti anche voi affascinati dal loro sound, potete ascoltare tutta la loro musica su Spotify e scaricarla tramite Bandcamp.
La nostra settimana di interviste finisce qui, ma torneremo presto a parlare con altri interessanti artisti, emergenti e non, da tutta Italia.
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