The Dice | Intervista alla band ferrarese dall’anima californiana

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Ed eccoci giunti all’ultima intervista di questa fortunata settimana, nella quale abbiamo conosciuto alcuni tra i più interessanti e talentuosi artisti emergenti del panorama musicale indipendente italiano. Oggi, come già detto in precedenza, ci occupiamo di due band, e dopo avervi presentato i Came From Neverland, band dal repentino successo anche all’estero, è arrivato il momento di conoscere finalmente un’altra particolarissima band, The DiceSono un trio ferrarese che canta in inglese e sente un forte legame col rock californiano, conosciamoli meglio attraverso le loro parole.

 

 

  • Parlateci un po’ di voi: come è nato il vostro gruppo? Chi sono i componenti?
    Il gruppo nasce nel 2009 da un’idea mia e di mio fratello. La formazione all’epoca prevedeva quattro componenti, anche se attualmente i The Dice sono un trio. Quando decidemmo di formare il gruppo stampammo dei volantini e li attaccammo, con tanto di numero telefonico per essere contattati, in tutti i luoghi che frequentavamo, o perlomeno che credevamo potessero essere frequentati da giovani musicisti come noi. Tappezzammo i licei, il conservatorio della nostra città e diverse scuole di musica, finché un giorno non fui contattato da Nicolò Tumiati, il quale venne a contatto casualmente con uno dei volantini grazie a sua madre che lo vide affisso alla bacheca scolastica del liceo che entrambi frequentavamo. Egli, da allora il batterista del gruppo, conosceva a sua volta una bassista, che dopo qualche prova ebbe un posto stabile all’interno della band. Il gruppo era quindi composto dal sottoscritto (Enrico Testi) alla chitarra e voce principale, Giulio Testi alla tastiera, chitarra ritmica e cori, Nicolò Tumiati alla batteria e Antonio Trentini al basso. Nel corso di questi anni abbiamo suonato e vinto concorsi sul panorama italiano, condividendo il palco con artisti del calibro di Willie Nile, Erin K (che suonò in occasione delle Olimpiadi di Londra nel 2012) e David Immergluck (chitarrista dei Counting Crows). Dopo circa un anno, al posto di Antonio subentrò Pietro Fabbri, il quale suonò il contrabbasso all’interno del gruppo fino all’inizio del 2015, momento in cui i The Dice sono diventati un trio che ora vede Giulio come bassista della band, arrivando quindi ai giorni nostri.
  • Qual è il significato del vostro nome?
    Il nome The Dice ha il suo significato: durante le nostre prime esibizioni il batterista era solito appendere un paio di dadi di peluche alla batteria, tipo quelli che vengono messi attorno allo specchietto delle macchine americane, e la traduzione di “dadi” in inglese è appunto “dice”. Originariamente poi, il nome era “4TDice”, poiché nella prima formazione i cognomi di tutti e quattro i componenti cominciavano con al lettera “T”, quindi “4T” aggiunto a “Dice”. Ci rendemmo conto però che questo nome risultava essere un po’ difficile da pronunciare, specialmente da un pubblico italiano, e sentimmo spesso durante le nostre apparizioni su palchi, radio e tv il nostro nome storpiato nei modi più strani possibili. Per questo motivo decidemmo di chiamarci semplicemente “The Dice”, che risulta essere molto più facile ed immediato.
  • Parlateci un po’ del vostro ultimo lavoro, vi autoproducete o avete un’etichetta che vi sostiene?
    Il nostro ultimo lavoro, uscito ad aprile 2015, è un EP di tre brani dal nome Light Up, che è anche il singolo del disco e per il quale è stato girato un video ufficiale. Il video è uscito dapprima su Paperstreet in esclusiva, ed ora è presente anche su YouTube.
    Per il momento non siamo sotto un’etichetta, quindi il disco è autoprodotto, anche se registrato e mixato in modo professionale; siamo infatti alla ricerca di una qualche etichetta interessata a produrre i nostri prossimi progetti. Abbiamo tuttavia un contratto con un ufficio stampa, la Blackpois Promotions, che ci ha permesso di pubblicare il nostro lavoro su tutti i più importanti digital store online tramite il servizio di publishing americano Tune Core; le nostre canzoni sono quindi disponibili su iTunes, Spotify, Amazon, eccetera. Il prodotto in questione rappresenta un po’ una svolta per noi, poiché è il primo lavoro che i The Dice hanno realizzato come trio e presenta anche alcune novità dal punto di vista stilistico: le esperienze discografiche precedenti ci vedevano ancora molto legati a generi già “preconfezionati” come il Rockabilly, Rock ‘n’ Roll, Swing e Country Music, mentre con questo disco abbiamo tracciato le linee del nostro stile in modo più marcato. Quando la gente ci chiede di che musica si tratta, non riusciamo a dare una risposta esatta poiché il genere che suoniamo è davvero un’insieme di influenze. Ci hanno spesso identificati come California Rock o College Rock ed in effetti condividiamo queste definizioni, poiché sia la nostra musica che il nostro stile ricordano molto atmosfere di festa e scenari balneari.

 

Artwork di Sebastiano Amato
Artwork di Sebastiano Amato

 

  • Di cosa parlate nelle vostre canzoni?
    Le nostre canzoni, come ho detto in precedenza, parlano spesso di scenari balneari o in generale di esperienze legate alla vita da spiaggia ed il desiderio di andare prima o poi nella West Coast statunitense, appunto la California. Il cosiddetto “sogno della California”, già reso noto dai Mamas and Papas con la celeberrima canzone California Dreaming, sembra davvero calcare a pennello nel nostro caso. Altri temi ricorrenti sono l’amore, il ricordo ed i sogni per il futuro.
  • Da quali artisti trovate l’ispirazione per la vostra musica?
    Se dobbiamo parlare di musica che ascoltiamo, posso affermare che ascoltiamo davvero di tutto. Ovviamente ognuno ha le sue predilezioni; io personalmente sono da sempre un fan del Rock’n’Roll e di tutti gli artisti ad esso correlati, quindi Elvis, Chuck Berry eccetera. Ovviamente anche tutti gli altri grandi classici della musica della seconda metà del ‘900 come Beatles, Queen, Pink Floyd e altri che non sto a nominare costituiscono sempre una fonte di ispirazione, non soltanto dal punto di vista musicale, ma anche dal punto di vista dello sviluppo della personalità di un artista e dell’impatto che la loro presenza ha avuto sul pubblico e sulla musica successiva. Spesso ascolto anche musica etnica e non nascondo che quando si è fuori con gli amici, si apprezza anche la musica da discoteca o le hit commerciali del momento, poiché riconosco che c’è comunque un grande lavoro dietro e niente è lasciato al caso. Per quanto riguarda le influenze dirette nei nostri brani, ultimamente siamo interessati in modo particolare a gruppi come i Vaccines e i Kings Of Leon, in quanto li sentiamo abbastanza affini a noi.

 

 

  • Quali sono le vostre aspirazioni per il futuro?
    La nostra aspirazione è quella di affermarci come gruppo e fare sì che i The Dice possano fare i musicisti di mestiere, e diventare ufficialmente i The Dice, appunto. Il nostro sogno sarebbe poi quello di continuare a farlo anche all’estero. Destinazione consigliata? La California.
  • Credete sia difficile farsi strada in Italia?
    Riconosciamo che nel nostro paese fare il musicista è una bella sfida. A mio avviso, ci sono quattro strade che puoi percorrere: la prima è quella di diventare un musicista professionista, con tanto di diploma e attestati, e suonare come turnista o come musicista di supporto per altri artisti (nel caso della musica moderna) o di far parte di un’orchestra (nella musica classica). Un’altra opzione è quella di provare a farcela tramite i “talent show”, che stanno avendo sempre più successo e che sicuramente offrono grande visibilità sul piano nazionale. Poi ancora puoi scegliere di rimanere, diciamo, più nell’anonimato mettendo su una tribute band ben organizzata e riproporre appunto il repertorio di qualche altro grande artista in tutto e per tutto, e conosco alcuni casi in cui i musicisti coinvolti in tali progetti riescono davvero a mantenersi facendo parte di tribute band che non raggiungono ovviamente la fama degli artisti usciti dai talent show, ma che possono ambire ad incassi notevoli e, nella maggior parte dei casi, per un tempo più lungo rispetto alle “meteore mediatiche”. Oppure c’è la quarta strada, la più ripida, che è quella che abbiamo scelto di percorrere noi, cioè quella di un gruppo che suona la propria musica originale, e cerca che questa sia riconosciuta e apprezzata come tale. E’ chiaro che questa scelta non preclude la collaborazione con terzi enti in grado di farti raggiungere il successo sperato, ma è sicuramente una strada più difficile.

 

 

  • Quali difficoltà avete incontrato finora?
    Uno dei limiti, se tale si può definire, che abbiamo riscontrato al momento è quello dei testi scritti in inglese, ma non perché sono di per sé in inglese, ma perché non sono in italiano. Ci è stato spesso detto di essere un gruppo valido su tutti i fronti, ma che per “farcela” in Italia è ancora indispensabile cantare nella lingua che si parla in Italia, o meglio, che viene capita dalla maggior parte di persone in Italia. Il nostro paese, e con questo non voglio delinearne un difetto, ha una forte tradizione musicale, che molti altri paesi non hanno o che comunque non è predominante come nel nostro caso. Il lato negativo è però che parte del pubblico italiano non riesce ad apprezzare appieno la musica in lingua straniera, limitandosi così ad una sola parte di mercato. Questo non avviene in modo così marcato negli altri Paesi europei, basti pensare a band come i Volbeat: gruppo di origine olandese che però scrive e compone in inglese e che è riuscito a raggiungere il successo planetario grazie appunto ai testi scritti in una lingua universale, che sono stati apprezzati prima di tutto nel Paese di origine, il quale ha fatto poi da tramite per il resto del mondo, proprio perché nella maggior parte dei paesi dell’Europa del Nord l’inglese è considerato una seconda lingua. In Italia purtroppo non è così, anche se piano piano grazie alla globalizzazione e agli sviluppi in campo tecnologico, stiamo riuscendo ad emanciparci anche noi. Per il momento i fenomeni musicali italiani a parte alcune eccezioni rimangono circoscritti al panorama italiano, che è di per sé ridicolo rispetto a quello mondiale proprio da un punto di vista numerico; solo alcuni dei grandi della musica italiana si esibiscono anche all’estero. Per questo noi continuiamo per la nostra strada, perché ci piacerebbe un giorno uscire dai confini italiani per essere apprezzati anche in altri Paesi.
  • Raccontateci un bel ricordo legato alla vostra carriera.
    Questa è una bella domanda, perché nonostante la nostra giovane età sono ormai sei anni che suoniamo insieme. I bei ricordi sono senza dubbio innumerevoli e sceglierne uno in particolare risulta difficile. Posso però raccontare questo episodio, forse perché è uno dei più recenti: premetto che ho vissuto a Londra parte dell’anno scorso e all’inizio di quest’anno sono tornato nella capitale inglese per salutare le persone che conobbi durante la mia permanenza nel Regno Unito, persone che sono per me diventate veri amici. L’idea era quella di fare questa piccola vacanza con i ragazzi del gruppo (all’epoca eravamo ancora in quattro) ma il bassista di allora decise di non venire, e venne al suo posto un altro nostro amico che desiderava visitare la città. Cogliemmo l’occasione per esibirci alla Blues Kitchen, un locale che propone musica dal vivo con un’incredibile affluenza di gente nel cuore del quartiere di Camden Town. Quella, forse per ironia della sorte, è stata la prima volta che suonammo nella formazione attuale e, nonostante avessimo suonato solo due canzoni, è stata un’esperienza incredibile. Noi tre amici, compagni di gruppo, insieme su un palco, in un altro Paese, divertendoci e facendo divertire il pubblico; credo sia stato un momento importante per la band e che ci abbia dato tanta motivazione. Forse è stata una profezia, forse no, ma il bello deve ancora venire!

 

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Finisce così la nostra terza settimana di interviste alla scoperta del panorama musicale emergente italiano. Ringraziamo i The Dice per l’intervista e vi invitiamo a continuare a seguirli tramite la loro pagina Facebook ufficiale e il canale Youtube, oppure potete contattarli direttamente tramite la loro mail [email protected]. E ricordate che il loro singolo Light Up è presente in tutti i digital store online, mentre potrete comprare la versione fisica durante i loro live.
Se volete recuperare le interviste di ieri, potete leggere quella al rapper horrorcore Nemesi, e quella alla cantante dark Elnoir.
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