Max Manfredi, Disgelo il suo nuovo singolo

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“Dietro lo sfogo apocalittico di un piazzista in trasferta invernale, il fallimento della new economy e della sua cultura”.

Già dai suoi primi dischi, fino al monumentale “Luna persa” , Max Manfredi è affezionato, legato, alla figura del piazzista. Le sue canzoni parlano spesso di piazzisti, o meglio, Max fa parlare i piazzisti dalle sue canzoni.

Il piazzista del Disgelo, come già quello di Luna persa, gira l’Italia e ‘Europa, un’Europa invernale, cristallizzata nei suoi ritmi inutilmente, stupidamente veloci e nella sua mediocrità obbligatoria mascherata da esigenza comunicativa. Non ha tempo di soffermarsi sulle singole impressioni. Non può che accettarne l’impatto e l’iridescenza. E’ quello che si dice un uomo di buona volontà, cioè un peccatore che cerca di venire a patti coi peccati, suoi e del mondo.

C’è nella canzone la nostalgia smaccata di un ritorno, che trova sfogo nell’improbabile “amore mio” assente cui si rivolge. Questo “amore mio”, apostrofe tanto vieta e abusata da poter ritornare vergine e necessario, è il testimone della sua voglia di un rifugio, di un luogo dove riconoscersi e tornare. O forse è solo l’esilio-asilo di un gioco di specchi. La tentazione di una quotidianità vissuta fra le maglie di una catastrofe, di una apocalissi annunciata, plausibile, ma mai risolta.

Così il “nostro” indefinito protagonista – che nulla o poco ha a che fare con l’autore, se non nelle idiosincrasie e nell’eroismo spicciolo ed innocuo, ma comunque testardo che lo caratterizza – decide che deve “infilarsi nella Coda del Pavone”: attraversare l’iridescenza del mondo e del pensiero, per trovarsi da un’altra parte, lontano dai meccanismi coatti del lavoro e della società così come è e come si mostra fra le mille autostrade che egli percorre, o nelle soste precarie che si concede.

Il piazzista è allora una figura dei tarocchi di Max, come la Coda del Pavone e il Disgelo che dovrà avvenire, carta di un rituale scaramantico, simbolo ambiguo, sfacelo e arcobaleno che sposa fra loro i cesti di asfodeli ( sintomo di un’economia di sussistenza) , e i legni dell’Ikea, trionfo del precariato d’uso e del mobilio liofilizzato e funzionale.

Ma la canzone è fatta di musica: gli archi orchestrati dal maestro Ugas sono blocchi erratici, giostre vertiginose, assidui ritorni di “falsi movimenti”. L’Esodo non ha più il senso della traversata verso la meta, ma s’incaglia in un labirinto di code, questa volta non di pavoni, ma d’automezzi, in un immenso snodo di Moebius.

Il luogo desiderato è il luogo di un ritorno che coincide ormai senza speranza con l’accettazione di tutto e il rifiuto di tutto, con questa “paurosa simmetria” e i suoi indescrivibili carillon.

Il nuovo album di Max Manfredi si intitola “Dremong”, brani nuovi e altri antichi che vedranno la luce con una veste volutamente “vintage”. “Dremong” l’orso tibetano totem dell’album è un inquieto ed inquietante essere dal carattere – tradizionalmente – malvagio e che tende spesso ad alzarsi sulle zampe in posizione eretta, simile agli Umani, tanto da aver dato origine, secondo alcuni, alla leggenda dello Yeti, l’Abominevole Uomo delle Nevi. Un orso imprendibile che abita le altitudini e le solitudini himalayane, e ogni tanto si mostra al consesso umano… Un album, questo “Dremong”, dove l’inquietudine è musa ispiratrice per quattordici canzoni senza tempo. I suoni delle tastiere vintage si sposano con quelli della chitarra classica, della chitarra elettrica, di strumenti tradizionali come il glockenspiel, la concertina, gli orientali gu-qin e go-zen, i flauti, il violino, la batteria, le percussioni e il basso fretless.

“Dremong” è un disco trasversale: progressive solo nei timbri, nostalgico della world music europea, affamato di accenni rock. In sostanza, è un album fatto da musicisti, con canzoni originali e inconfondibili, realizzate con passione artigianale senza imposizione di confini. Se infine di stile bisogna parlare, ecco lo stile “Dremong”!

Il progetto Dremong è stato realizzato con il sistema del crowdfunding, avviato e concluso su MusicRaiser, con la partecipazione di 201 raisers.

Trasversale, imprendibile sotto un’etichetta, vagabondo dalla musica al teatro, dalla letteratura alla didattica, Max Manfredi è un artigiano di musica e parole, ma anche uno dei pochissimi artisti della canzone che vale la pena di conoscere e amare oggi. Sulla scena da oltre vent’anni, Max Manfredi racconta di viaggi, climi, città e metropoli, storie d’amore e di disincanto, prende a schiaffi e carezze, evoca scene meridiane o crepuscolari in cui per riconoscersi basta un minimo di abbandono, e lo fa accompagnato da musicisti provenienti da esperienze disparate, eccezionali per tecnica e passione. Una musica onnivora, meteoropatica, poeticissima. Una presenza magnetica sul palco. Un poeta della scena che, per lucidità ironica e potere visionario non ha eguali oggi in Italia. Nel corso degli anni è nato nei suoi confronti un crescente culto, sin dalle vittorie della Targa Tenco e del Premio Recanati. Definito da Fabrizio De André “il migliore in assoluto”, da Roberto Vecchioni “uno che non posso limitare col termine di cantautore”, apprezzato oltremodo da Dave Van Ronk (il musicista che ha ispirato il recente film dei fratelli Cohen), ascoltato dall’insigne linguista Tullio De Mauro, Max Manfredi è l’esempio di come si possano fare canzoni senza appoggiarsi a un genere o a un’etichetta, ma esplorando il “proprio” linguaggio, senza dimenticarne altri. Poterlo ascoltare è, per chi già lo conosce e lo ama, un’occasione preziosa. Per i semplici curiosi può diventare un incontro fortunato, lampante e necessario. Canzoni struggenti, sarcastiche, visionarie, liriche, a volte persino goliardiche; dove le parole sono musicali e la musica, poetica. Non “post” qualche “cantautorato”, non “dopo” la “canzone d’autore”, e non solo al suo fianco, ma attraverso e oltre le categorie.

Nel 1990 esce il suo primo album, “Le parole del gatto” (BMG Ariola / Cantare in Italiano) che si aggiudica la Targa Tenco per la miglior opera prima dell’anno. Nello stesso anno, vince la prima edizione del Premio Città di Recanati (l’attuale festival di Musicultura) con il brano “Via G. Byron, poeta” e duetta con Sergio Endrigo nel 45 giri “Tango rosso”. Nel 1994 pubblica il secondo CD, “Max”, con la partecipazione di grandi musicisti e artisti, primo fra tutti l’indimenticabile Fabrizio De André, che canta con Max “La fiera della Maddalena”. Ma Max non limita alla musica la sua attività di autore: sempre nel 1994 pubblica per Vallardi il “Libro dei Limerick” con Manuel Trucco, postfazione di Stefano Bartezzaghi. Nel 1997 viene premiato dalla Regione Liguria come “Capostipite della nuova generazione dei cantautori genovesi”. Nel 1999 mette in scena lo spettacolo-concerto “La leggenda del santo cantautore” su testi di Giampiero Alloisio. In questi anni, si dedica ad una intensa attività di concerti propri, ma anche di spettacoli di musica medievale, antica e folk. Collabora con il gruppo La Rionda, dedito alla rielaborazione del patrimonio musicale tradizionale ligure. Svolge attività didattica nelle scuole, nel corso di conferenze-concerto sulla sua musica oppure, insieme alla Accademia Viscontea, diretta dal Maestro Maurizio Padovan, proponendo lezioni sulla musica del Medioevo e brani eseguiti con strumenti d’epoca. Nel 2000 è direttore artistico della “Festa della musica” di Genova e nel 2001 della rassegna “Via del canto”. Dopo il 2000 svolge acclamati concerti anche all’estero, a partire da Saint Malo, Monaco e Berlino. Nel 2001 esce, edito da Storiedinote, il terzo cd, “L’intagliatore di santi”, un album definito epocale, che accresce ulteriormente il suo seguito di pubblico.
Nel settembre del 2002 viene invitato, come rappresentante della musica italiana, alla Biennale di Belèm, in Brasile. Del 2002 è anche l’opera letteraria “Trita provincia” per i tipi di Liberodiscrivere. Come attore, svolge diversi “reading” di poesie, sue e soprattutto dei suoi autori preferiti, da Dante a Gozzano.

Nel 2004 partecipa al Concerto del Primo Maggio al Palasport di Genova. In autunno pubblica il cd dal vivo “Live in blu”, registrato a Milano qualche mese prima, e tiene uno spettacolo-concerto al Teatro Duse di Genova, dal titolo “I girovaghi sedentari” (con la partecipazione dell’attore Andrea Nicolini). Collabora attivamente con l’Academia do Fado del chitarrista Marco Poeta come coautore dell’album “Il poeta e la chitarra”. In questi anni scrive anche per Le Voci Atroci e Armando Corsi. Nel 2005 riceve tre importanti riconoscimenti: il Premio Lunezia, il Premio Lo Cascio ed il premio come “miglior solista italiano” al MEI (Meeting Etichette Indipendenti) di Faenza. Il 24 maggio del 2006 tiene un concerto all’Auditorium di Santa Cecilia, a Roma, nella rassegna Generazione X. Ospite, il musicista e sassofonista Daniele Sepe. Nello stesso anno presenta alla Galleria d’Arte Moderna di Genova la sua “silloge gracidante” “Batrax”: una lettura attenta e scanzonata de “Le ranocchie turchine” del poeta futurista Enrico Cavacchioli. Intanto si occupano di lui riviste (Spiegel), giornali (Sueddeutsche Zeitung) e tv tedesche. In particolare, la Bayerisches Fernsehen nel 2005 trasmette uno speciale televisivo su Max ambientato nei luoghi tipici di Genova, in onda in tutti i paesi di lingua tedesca. Continua intanto una sempre più fitta attività dal vivo nei teatri, nei festival e nei più prestigiosi locali italiani, dal Folkclub di Torino, al Piccolo Eliseo di Roma. Nella primavera 2007 collabora, come musicista ed attore, con il Teatro della Tosse di Genova al recital “Poeti vs Cantautori”, con la regia di Tonino Conte. In estate si esibisce in Sardegna, in luoghi come l’anfiteatro di Orosei e la casa di Grazia Deledda a Nuoro. In autunno tiene un intero tour in Francia, Belgio, Svizzera, Germania e Turchia. Nello stesso anno è nuovamente ospite del Premio Tenco, dove presenta fra l’altro un inedito, “Il regno delle fate”. Nel 2008 partecipa allo spettacolo teatrale “Viaggiatori viaggianti” di Sergio Maifredi, per i Teatri Possibili, e mette in scena, in luglio, lo spettacolo “Le vie del sale” (con la partecipazione di Gianni Ansaldi) che apre la rassegna “L’Isola in collina” di Ricaldone . Il 26 settembre esce il nuovo album, “Luna Persa”, pubblicato da Ala Bianca Group e distribuito da Warner. Come bonus track compare “La fiera della Maddalena” cantata con Fabrizio De André. Il brano “L’ora del dilettante” diventa la sigla del Mei (Meeting etichette indipendenti) di Faenza, mentre l’album viene insignito del Premio Lunezia Canzone d’Autore 2009. Da ottobre parte un lungo e fittissimo tour in tutta Italia. A fine anno, Gianni Mura, su “Repubblica”, lo inserisce fra i 100 personaggi dell’anno.

Nel 2009, in febbraio, viene pubblicato “Nitrito in velocità” (M&M edizioni), racconto per ragazzi di Max Manfredi con illustrazioni di Serena Giordano ispirato al dipinto di Fortunato Depero. In allegato Dvd con il racconto letto da Max. In autunno “Luna persa” vince la Targa Tenco come miglior disco dell’anno al Premio Tenco. Negli ultimi anni si sono susseguiti centinaia di altri concerti in club, piazze cittadine e teatri di tutta la penisola e nel mondo, manifestazioni e varie apparizioni in trasmissioni radiofoniche (radio nazionali e radio libere). Seguono, negli ultimi anni, diversi altri spettacoli e concerti in Italia e in Europa. Fra l’estate 2013 e gli inizi del 2014 Max ha lavorato al progetto musicale del Cd “Dremong”, che esce ufficialmente con il 1 settembre 2014 per Gutenberg Music. Il progetto è stato curato da Primigenia Produzioni, con lo stesso Max e Fabrizio Ugas quali produttori artistici e si avvale della collaborazione di Matteo Nahum, Elisa Montaldo, Marco Spiccio e di numerosi altri musicisti. Fabrizio Ugas ha curato gli arrangiamenti, le chitarre e l’impostazione musicale generale, oltre a firmare 10 delle 14 canzoni del Cd quale autore insieme con Max. Altro progetto in corso è quello in collaborazione con il musicista torinese Giorgio Licalzi.