Nell’intervista di oggi conosciamo il musicista e produttore Marco Iacobini, fondatore dei Tip’s Included insieme al batterista americano Mike Terrana.
Come anticipatovi nell’anteprima di Lunedì, l’intervista di oggi ci permetterà di conoscere meglio il musicista, arrangiatore e produttore Marco Iacobini che, prima di fondare i Tip’s Included nel 2013, ha collaborato con musicisti del calibro di Tony Levin, Dave Weckl, Keith Carlock, Bill Bergman, Joel Taylor, Billy Sheehan, Carl Verheyen, Stuart Hamm, Thomas Lang, Philippe Saisse, Giorgia, gli O.R.O., Valerio Zelli, Virgil Donati e molti altri. Nei suoi tour europei collabora anche con la cantante statunitense Tyra Juliette, già vocalist per Kid Rock, Keith Urban, Pharrell Williams e altri ancora.
Durante la sua carriera, Marco Iacobini ha pubblicato tre album dedicati al mercato internazionale guitar oriented: Spaces nel 2004, In my world nel 2007 e l’ultimo, The Sky There’ll Always Be nel 2013. Nello stesso anno nasce il progetto strumentale “Tip’s Included” insieme al grande batterista Mike Terrana e al tastierista Stefano Sastro, a cui poi si aggiungeranno altri artisti come Anna Portalupi, Dino Fiorenza e Matteo Pezzolet che si alterneranno al basso.
- Marco, raccontaci com’è nata la collaborazione con Mike Terrana
Mike è un musicista molto particolare, è un grandissimo batterista dall’immenso talento. Conoscevo la sua fama da tempo, seguendo il lavoro che svolgeva assieme a molti dei chitarristi che ho sempre ascoltato.
Ebbi modo di conoscerlo a Roma e tra di noi si è subito instaurato un bel rapporto. Dopo vari anni di collaborazione posso dire con certezza che oltre al profilo professionale, possiede molte doti anche per quanto concerne il profilo umano e personale; è infatti una persona molto umile e disponibile. A differenza della sua immagine, dall’impatto visivo molto forte, legata sicuramente al mondo del rock estremo e del metal, Mike suona di tutto e lo fa sempre benissimo; è un musicista veramente versatile, con una grande personalità, di gran classe. Poi ovviamente, come tutti, ama confrontarsi con tutta una serie di realtà musicali dove, a volte, si diverte anche a non prendersi troppo sul serio, ma lo fa sempre con la massima professionalità ed attenzione.
È una persona dotata di grande sensibilità e io sono onorato di poter condividere la mia musica con un artista del suo livello.
- Ora parlaci invece degli altri componenti dei Tip’s Included.
La band, oltre a me e Mike, vede la partecipazione di Stefano Sastro alle tastiere, musicista di grande talento ed amico fraterno con cui collaboro da anni, sia in studio che live. Per quanto concerne il basso, il progetto Tip’s Included, era nato con l’intento di avere per quello specifico ruolo un sound granitico e di forte impatto, quindi la scelta non poteva che ricadere sulla bravissima bassista Anna Portalupi. Di recente però, a causa di alcuni suoi impegni personali che l’hanno portata distante dal progetto Tip’s Included, abbiamo pensato di integrare in quel ruolo il bassista Matteo Pezzolet, bravissimo e versatile professionista dell’area romana. Senza dimenticare la collaborazione, attualmente in corso d’opera, con il grandissimo Dino Fiorenza.
- Da cosa trae ispirazione la vostra musica?
La maggior parte del materiale è di mia produzione ed è di matrice autobiografica. I brani nascono e sono dettati da tutta una serie di emozioni che la mie esperienze personali e professionali mi veicolano continuamente, mettendo in risalto la necessità di essere espresse attraverso la musica e non necessariamente attraverso un testo scritto.
- Su cosa state lavorando in questo periodo? C’è un nuovo album in arrivo?
Sì, c’è un album in arrivo, ma ancora non so se sarà proprio a nome Tip’s Included o se sarà un nuovo capitolo che mi riguarderà direttamente. Di sicuro ci sarà un tour promozionale.
- Ci sono già altri progetti in cantiere per i prossimi mesi o anni?
Ci sono molti progetti in cantiere. Un nuovo album, denso di collaborazioni internazionali, anche se ora non posso dire nulla al riguardo. Di sicuro ci saranno molte novità per i Tip’s Included.
- Trovi sia difficile farsi conoscere in Italia? Quali sono le problematiche maggiori per i musicisti?
In Italia è estremamente difficile farsi conoscere, proprio perché la discografia è un mercato fortemente in crisi. Non ci sono investimenti, i dischi non si vendono e la crisi economica ha relegato il nostro settore ad un terziario avanzatissimo. C’è inoltre una dilagante mancanza di cultura che ha portato, piano piano, a un calo dell’interesse generale. Non esistono agenzie per i musicisti. Esistono buoni management ma solo per band che sono collocabili all’interno dell’unico mercato possibile in Italia, quello del pop commerciale.
Il free download ha fatto il resto, azzerando gli incassi delle vendite dei dischi e ha portato conseguentemente a un vano tentativo di tamponare questa emorragia, cercando di investire nel live. Questo però è valso solo per i grandi artisti internazionali, già noti al grande pubblico.
Come risultato abbiamo visto lievitare in maniera scandalosa il prezzo di ogni singolo biglietto relativo a qualsiasi grande evento di carattere musicale, mentre tutte le band che necessitano di un piccolo spazio per poter proporre la propria musica, sono relegate ad una realtà triste fatta di numeri e cifre ridicoli. È estremamente complesso organizzare un tour in Italia.
I locali pagano sul venduto e preferiscono ospitare cover band, puntualmente sottopagate, ma che assicurano un facile e copioso incasso, piuttosto che investire in band che possano proporre un repertorio originale di qualità; ma io capisco anche il punto di vista di chi gestisce un club od un locale. La pressione fiscale è troppo alta qui e per poter chiudere i bilanci a fine mese bisogna fare cassa, anche a scapito della qualità, elemento che in Italia, non paga quasi mai.
- Quali sono invece, secondo te, gli aspetti positivi del panorama musicale del nostro Paese?
Qui in Italia abbiamo tanti musicisti di talento, peccato che non vengano valorizzati in alcun modo. Il patrimonio composto da questi musicisti è l’aspetto migliore del panorama musicale italiano.
- Quale consiglio daresti a un artista emergente?
Di studiare, prepararsi bene, perché la musica è un lavoro, anche molto difficile, e poi di tentare la strada dell’estero, cercando luoghi dove la meritocrazia sia un valore diffuso e che appartenga ad un retaggio culturale condiviso; non come da noi dove ciò non fa proprio parte in alcun modo della nostra cultura.
- Raccontaci uno dei ricordi più belli legati ai Tip’s Included.
Un ricordo a cui sono molto legato è relativo al periodo in cui stavo registrando il mio ultimo album che poi avrei portato in tour con i Tip’s Included. Quando ero molto piccolo, ascoltavo spesso un fantastico chitarrista italo-americano che sicuramente tutti quanti gli appassionati di questo strumento conoscono benissimo, sto parlando di Joe Satriani, chitarrista che ha prodotto alcuni album che sono entrati giustamente nella storia della chitarra e della musica mondiale. Il suo secondo album, “Surfing with the alien”, è l’album di rock strumentale più venduto al mondo.
Al suo fianco c’è sempre stato un fido bassista, molto dotato, sto parlando di Stuart Hamm. Durante la lavorazione del mio ultimo album, “The sky there’ll always be“, stavo valutando l’ipotesi di coinvolgere alcuni musicisti per poter registrare le ritmiche di alcuni brani. Sono venuto a sapere che Stuart sarebbe venuto in Italia per una serie di clinics, allora mi sono deciso a scrivergli e ovviamente mi sono rivolto a lui con la massima stima ed il massimo rispetto, come si conviene quando si parla con un musicista del suo calibro. Stuart rimase stupito del fatto che io conoscessi tutta quanta la sua discografia personale e mi disse che avrebbe accettato di buon grado di partecipare al disco perché interessato al progetto.
Oltre a questo, Stuart mi disse che amava molto l’Italia, anche perché da piccolo ci aveva vissuto qualche anno, poiché suo padre, il grande compositore Charles Hamm, insegnava storia della musica all’Università di Bologna.
Parlando di Bologna, venne fuori il nome del mai dimenticato centrocampista dell’omonima squadra di calcio: Giacomo Bulgarelli. Da parte mia, confidai a Stuart che mio padre aveva militato per qualche anno nella squadra di calcio della Fiorentina, fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. A quel punto Stuart mi disse che doveva assolutamente venire in Italia a registrare il mio disco, anche solo per amore dei vecchi tempi trascorsi in Italia e per la passione che il calcio riesce a trasmettere.
Certo, per noi musicisti la musica è un’altra cosa, viene sicuramente al primo posto, ma lo sport riesce allo stesso modo a creare strane connessioni anche con persone che vivono dall’altra parte del mondo.
Potete continuare a seguire i lavori di Marco Iacobini tramite il suo sito web marcoiacobini.com, e ascoltare i suoi brani su Soundcloud.